Ormai sono passati alcuni anni da quando trattai l’argomento delle cicatrici.
Rileggendo l’articolo mi rendo conto di quanto attuale ancora sia la realtà di queste importanti chiavi di lettura del nostro corpo.
Mi sono però chiesto se dopo questo tempo passato ad ascoltare i tessuti della gente non ci fosse anche qualcosa in più da aggiungere rispetto all’articolo precedente.
Infatti questa volta vorrei portare l’attenzione su di un aspetto per certi versi affascinante e poco considerato, ma che condiziona notevolmente la capacità vitale dei tessuti.
Le cicatrici delle Emozioni.
Lo spunto per queste righe mi è stato fornito da una paziente che raccontava di vari incidenti subiti nell’arco della vita, come quotidianamente accade durante una valutazione.
Mi colpì molto l’insistenza con cui questa giovane persona descriveva un incidente motociclistico di piccola entità avuto anni prima, nel quale veniva disarcionata dal mezzo, ma la peculiarità risiedeva nel fatto che fu il rumore della moto che strisciava a terra a spaventarla.
Dopo un approfondito screening osteopatico di tutti i distretti mi accorsi che le parti che andavano liberate per prime dovevano essere le ossa temporali del cranio, le ossa in cui risiedono gli organi dell’udito.
La percezione della situazione di allarme (simpaticotonia) era stata veicolata maggiormente da queste strutture tanto da scoccarle.
Non ci furono danni particolari all’udito, ma qualche vertigine attribuita alle conseguenze dello schianto, che purtroppo dopo aver risolto lo spavento continuarono.
Questa persona tuttora prova un senso di irrequietezza quando percepisce rumori simili a quello strisciare della moto sull’asfalto.
Un altro caso viene riferito da un collega che da giovane racconta di aver avuto un trauma per aver rischiato di annegare.Anni dopo sviluppa una forma di sofferenza vocale e ripetute faringiti molto acute ed invalidanti che non regrediscono con nessuna terapia.
Il mio sospetto si rafforza quando un’altra mia paziente ha una violenta crisi respiratoria durante un trattamento in cui chiedevo di facilitare lo sblocco diaframmatico mediante una respirazione più profonda.
Immediatamente la gola le si chiude e sopraggiunge un attacco di panico, poi risolto in studio, perchè emersero i ricordi delle fasi di intubazione, durante un intervento d’urgenza subito per salvarle la vita a seguito di un incidente automobilistico.
La persona era in sedazione, ma purtroppo le rimasero le percezioni dei momenti tragici del primo soccorso.
Un racconto molto forte e toccante, degno dell’autore del film “Awake-Anestesia Cosciente”, ma dannatamente reale.
Tutti questi casi mi hanno fatto riflette su come il nostro sistema percettivo possa essere il primo elemento da considerare nel cercare di ricostruire i meccanismi che disturbano a lunga distanza anche tessuti relativamente in ordine.
La memoria di questi eventi, che vengono talvolta anche associati ad elementi concreti del vissuto, possono azionare risposte involontarie di difesa anche in soggetti che apparentemente hanno superato gli stress psicologici di un trauma.
Eventi perciò che sono emozionalmente attivi e che si sommano e compenetrano attivamente a cicatrici vere e proprie.
Una cicatrice “emozionale” perciò ha un’azione deturpante tanto quanto una mastectomia, una sutura per una ferita esposta o il risanamento di una frattura.
Esistono inoltre cicatrici emozionali non legate ad eventi particolarmente concreti e dunque percepibili con i sensi, ma vere e proprie sovrastrutture o blocchi emozionali dovuti a lutti, abbandoni, svalutazioni e conflitti che una persona può vivere nel corso della vita.
Mentre una cicatrice cutanea è visibile, una cicatrice tissutale è percepibile e sopratutto se ne è consapevoli, la cicatrice emozionale se pur percepibile da mani allenate a farlo, ha bisogno di un lavoro di riarmonizzazione con la mente per risultare consapevole.
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